Secondo un recente studio del dipartimento dell’International Marine Litter Research Unit, School of Biological and Marine Sciences, dell’Università britannica di Plymouth, non ci sarebbero reali differenze nella velocità e nella capacità di smaltimento nell’ambiente di questi prodotti, rispetto a quelli realizzati con la plastica tradizionale.
Cosa sono i sacchetti bio?
L’obbligatorietà dei sacchetti bio è stata introdotta con la legge 3 agosto 2017, n. 123, che disponeva anche l’obbligo per il consumatore di acquistare, dal 1° gennaio 2018, assieme a prodotti sfusi come frutta, verdura, pesce, carne e pane, anche il relativo sacchetto biodegradabile, ovvero gli shopper dallo spessore inferiore ai 15 micron, biodegradabili e compostabili (dal costo di un centesimo a sacchetto).
Tale legge, in realtà, era l’applicazione della direttiva europea del 29 aprile 2015 finalizzata alla “riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero“. Quindi, era la legge comunitaria a dettare regole ben precise sui sacchetti bio.
Biodegradabili o no?
L’esborso di 1 centesimo per acquistare i prodotti sfusi o sopportare il fatto che i nuovi sacchetti si rompano e sfilaccino, è un onere accettabile, se la causa è quella della tutela dell’ambiente. Ma siamo davvero sicuri che i sacchetti siano veramente biodegradabili?
Secondo lo studio pubblicato sulla rivista scientifica statunitense Environmental Science and Technology, no. Infatti, secondo i ricercatori dell’Università di Plymouth, i bio shopper impiegherebbero ben 3 anni prima di iniziare a degradarsi, una volta lasciati in mare. Questo vuol dire che, se abbandonati in acqua, continuano a rappresentare un pericolo mortale per un buon numero di specie marine. Su tutte le balene.
Servirebbero, invece, almeno 27 mesi prima che si “decompongano” se sepolti nella terra. Con il paradosso che sono poco resistenti per servire al loro scopo, ovvero trasportare la spesa. Secondo i ricercatori, non ci sarebbero prove della loro effettiva efficacia. Potrebbero, quindi, non comportare miglioramenti di rilievo nella lotta all'inquinamento terrestre e marino.
Insomma, i consumatori vanno volentieri incontro a piccole rinunce, se il fine ultimo è quello del rispetto dell’ambiente. Sarebbe quindi il momento che la grande industria e la ricerca scientifica cerchino prodotti veramente bio ed ecocompatibili, per il bene di tutti, soprattutto delle nuove generazioni a cui lasceremo in eredità questa terra.
Perché non fare più informazione alla gente comune? Nei telegiornali, in trasmissioni , nelle scuole, in internet. La gente comune non ci pensa che davvero non fanno danno, magari, ignorando pensa che lasciandoli in giro non facciano danno.